Uno studio americano mette sotto la lente una delle grandi innovazioni del momento, svelando un lato meno raccontato dell’elettrico.
La rete di ricarica rapida è cresciuta in fretta, accompagnata dall’idea di un viaggio più pulito e immediato, senza scarichi e con tempi sempre più corti alla colonnina. Fin qui, la promessa. Poi arriva un report degli Stati Uniti che sposta l’attenzione su ciò che accade attorno alle stazioni ad alta potenza: non sulla batteria, non sull’auto, ma su ciò che muovono le ventole dei sistemi di raffreddamento.

Il quadro che emerge è meno rassicurante, soprattutto per chi vive o lavora vicino a questi punti. E apre un fronte che tocca ambiente, salute e scelte industriali, proprio mentre l’elettrico attraversa una fase di ripensamento. Il punto centrale è cercare di capire quanto questo effetto collaterale pesi davvero e come intervenire senza rallentare la diffusione delle infrastrutture.
Ricariche veloci e salute
Dalla Fielding School of Public Health dell’Università della California arriva l’allarme: durante le ricariche in corrente continua, le ventole dei super charger sollevano particolato che staziona a terra, tra residui di freni, polveri e microframmenti degli pneumatici. Il risultato è un incremento delle polveri sottili nell’aria intorno alle colonnine, con l’inevitabile rischio per le vie respiratorie. La media rilevata parla di 15,2 microgrammi per metro cubo: non è smog da megalopoli, ma nemmeno aria “pulita” come spesso si immagina davanti a infrastrutture considerate green.

L’indagine ha riguardato cinquanta siti di ricarica rapida nella contea di Los Angeles, un campione ampio: è un’altra scossa per il fronte politico‑industriale che spinge sulle BEV, già alle prese con vendite altalenanti e tensioni occupazionali: la narrazione dell’elettrico “senza impatti” qui mostra una crepa evidente. Non è una smentita del vantaggio allo scarico, ma un invito a guardare anche all’ecosistema che ruota attorno alle colonnine.
Dagli autori arriva comunque una via d’uscita pratica: tenere le stazioni rapide a distanza da scuole, ospedali e aree sensibili. Scelta logica, ma non semplice da conciliare con l’obiettivo di una rete capillare, comoda e vicina ai servizi. Intanto, i gestori rivendicano contromisure già adottate: per esempio, quote minime per le prese d’aria in ingresso e in uscita, così da limitare il rimescolamento di polveri, detriti e acqua nelle immediate vicinanze.
Resta la verità più scomoda, ma onesta: muoversi ha un costo ambientale, per tutti. Le pompe di benzina non sono esenti da impatti, e il rischio sanitario legato ai carburanti resta più alto, come ricordano gli esperti di qualità dell’aria.
Parole chiave decisive qui sono due: ventole e posizionamento. Lavorare su schermature, flussi d’aria e scelte urbanistiche può ridurre il particolato rimesso in circolo. Non ribalta il quadro, ma sposta l’attenzione sulla progettazione, che è poi la strada più sensata quando una tecnologia diventa quotidianità.