Un piano nato per accelerare il cambiamento ora vacilla: sullo stop a benzina e diesel dal 2035 spunta una richiesta di revisione pesante.
L’Europa aveva scelto una linea chiara: dal 2035 niente più nuove auto con motore a combustione, per abbattere le emissioni di CO2. Una scelta netta, pensata per spingere l’elettrico e ridisegnare il mercato. Oggi però la rotta si fa meno lineare. In una lettera indirizzata alla presidente della Commissione Europea, firmata dai vertici delle associazioni dei costruttori e dei fornitori, arriva un messaggio senza giri di parole: così non è fattibile.
Il settore dice di puntare alla neutralità climatica entro il 2050, rivendica investimenti massicci anche sulla produzione, ma avverte: servono aggiustamenti, e subito. La diffusione a batteria non corre come previsto, la ricarica pubblica resta discontinua, gli incentivi non bastano, i costi di energia e componenti pesano. Prima di tirare dritto, chiedono flessibilità e un approccio meno ideologico, più aderente alla realtà del mercato.
La richiesta è rivedere il bando e aprire a un percorso tecnologicamente neutro, che includa ibridi, range extender, termici efficienti, idrogeno e carburanti sintetici. Non per frenare la transizione, ma per non schiacciarla su un’unica soluzione.
Le immatricolazioni elettriche, oggi, non sostengono il volume necessario: tra auto, furgoni e camion la quota resta minoritaria, troppo bassa per trainare l’intero ecosistema. Da qui l’appello a colonnine diffuse e affidabili, tariffe più eque e vantaggi d’accesso urbani che rendano le zero emissioni davvero pratiche. Senza questi tasselli, spiegano, il salto resta teorico.
C’è poi il capitolo industria: per le batterie, l’Europa deve semplificare norme e burocrazia, altrimenti la filiera non decolla. I conti non tornano se i costi energetici restano alti e se pesano nuovi dazi extraeuropei. Il rischio è chiaro: perdere competitività rispetto ai prodotti stranieri, rallentare l’industrializzazione e mettere a repentaglio posti di lavoro. Le associazioni si preoccupano del mercato: regole e sanzioni da sole non spostano gli acquisti, servono condizioni concrete perché l’elettrico diventi conveniente, comodo, sostenibile.
Il segnale politico, intanto, non manca: Bruxelles ha già mostrato aperture e in agenda c’è un confronto imminente per chiarire i prossimi passi del regolamento. In gioco non c’è solo una data, ma l’equilibrio tra obiettivi ambientali e tenuta del sistema produttivo europeo.
La traiettoria resta verso le emissioni nette zero, ma il come – e i tempi – potrebbero cambiare. L’intenzione dei costruttori è ribadita: transizione sì, ma con strumenti che funzionano nella vita di tutti i giorni. È il senso del dietrofront invocato: non una marcia indietro sull’ambiente, piuttosto la richiesta di stracciare una scadenza rigida per sostituirla con un piano che accompagni davvero il mercato.
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